domenica 3 maggio 2020

Il terremoto di Creta del 2 maggio 2020


Non è certo un evento eccezionale quello di Creta: da quelle parti l'attività sismica è abbastanza importante. Anzi è l'area europea dove la frequenza dei terremoti è maggiore. Meno male che l'evento ha avuto l'epicento in mare aperto e non è stato sufficiente per arrecare grossi danni sulla terraferma, tantomeno uno tsunami come accadde nel 365 (quello che distrusse Alessandria d'Egitto e anche le coste siciliane). L'area di Creta presa da sola ha una tettonica molto semplice ma in realtà quello che la circonda è piuttosto complesso e, a sud dell'isola, ancora in parte sconosciuto.

A poche ore dall’evento i dati stanno tutt’ora arrivando e in particolare si perfezionano quelli su parametri come la Magnitudo (che è tra 6.6 e 6.7), la profondità (alle 17,30 ora italiana USGS la dà a 17 km – ricordiamo che il valore standard iniziale è sempre 10 … diffidate quando vedete profondità 10 km, specialmente a poche ore dall’evento!!). Il meccanismo focale oltre ad una compressione evidenzia una certa componente trascorrente. Quindi il movimento è obliquo. Si segnalano ovviamente molte repliche (quelle più forti fino ad ora un M 5.2 40 minuti dopo l’eventi principale e un M 5.4 3 ore e mezzo dopo). 

Eventi sismici con M 6 o più dal 1972
Nei giorni precedenti c’è stata una sismicità evidente tra la costa turca e alcune isole dell’Egeo, ma si tratta di eventi abbastanza normali per un'area in cui, come ho detto all'inizio, la sismicità di fondo è molto elevata.
Creta non è certo nuova a terremoti di questa entità: solo dal 1972 il catalogo IRIS segnala 23 eventi a M uguale o superiore a 6 nei dintorni dell’isola, di cui 5, compreso questo, tra 6.5 e 6.8.
Inoltre è il teatro del terribile terremoto del 365 d.C., che generò lo tsunami che distrusse Alessandria e non solo e di cui ho parlato qui.

IL QUADRO TETTONICO è apparentemente molto semplice: la placca africana si incunea sotto quella euroasiatica. 
La distribuzione dei terremoti lo dimostra: la carta qui accanto segnala i terremoti a profondità maggiore (pallino blu tra 30 e 70 km – pallino verde tra 70 e 150) a nord del limite superficiale fra le placche (la linea gialla): terremoti a quella profondità non possono che essere dovuti alla presenza di una crosta che sta scendendo nelle profondità del mantello; la stessa situazione è segnalata dalla tomografia sismica, nella quale si evidenzia una zona relativamente più fredda che corrisponde appunto alla crosta oceanica del Mediterraneo orientale in subduzione (Carafa et al, 2015). 
Velocità GPS da Show et al (2008)
La subduzione della placca africana genera ovviamente del vulcanismo, anche se un po' occasionale. È comunque importante notare la presenza di un vulcano del calibro di Santorini e di qualche altro edifico sottomarino vicino. Altri vulcani sono segnalati come attivi nell’Olocene; in età storica nel III secolo a.C. una eruzione è stata prodotta dal Methana (costa NE del Peloponneso) e una eruzione con lanci di ceneri (forse vulcano-freatica) è segnalata a Milos in epoca romana. Ci sono poi altri edifici caratterizzati da attività idrotermale in alcune isole. Mi pareva che ci fosse stata anche qualche eruzione da qualche parte nel XVI secolo ma adesso non ritrovo appunti in materia. A sud di Creta la fossa di omonima ha lo stesso significato delle fosse che bordano l’Oceano Pacifico: l’espressione geografica della subduzione di una crosta oceanica sotto una crosta continentale. Le cose si complicano quando si vede che non esiste un vero bacino di retroarco: probabilmente questa mancanza è dovuta alla forte spinta della crosta europea che impedisce fenomeni distensivi nella crosta continentale sotto il mare Egeo. Le spinte tettoniche sono molto evidenti specialmente in Turchia, dove lungo le coste del Mar Nero e un po' all’interno si trova la tristemente nota faglia dell’Anatolia, dove l’Anatolia scorre verso ovest rispetto all’area del Mar Nero. Ma tutta la Grecia, il Mar Egeo e le coste turche sono scosse continuamente da terremoti in una fascia estremamente larga.
La convergenza fra le placche è dimostrata anche dalle misurazioni GPS: Show et al (2008) hanno indicato che l’intero arco ellenico dalla costa dell’Anatolia a quella ionica della Grecia si muove di circa 35 mm/anno verso sudovest rispetto all’Europa stabile (le misure Gps devono essere sempre relative a qualcosa), mentre l’Africa si muove a pochi mm/anno verso NW (Zeman et al, 2010). Ovviamente mancano purtroppo dati del fondo marino, per ottenere i quali al momento non è ancora stata realizzata una tecnologia adatta.
Queste velocità quindi indicano una convergenza in corso che più o meno era quella ipotizzata: è “bello” vedere che le misurazioni GPS abbiano nella maggior parte dei casi confermato i movimenti supposti da quando intorno al 1960 il paleomagnetismo ha dimostrato definitivamente che i continenti sono soliti vagare sul globo terraqueo e John Tuzo Wilson teorizzò la tettonica delle placche (LINK). In ogni caso i dati GPS hanno evidenziato anche qualche movimento meno apparente con i soli dati geologici e hanno gettato un po' di luce su alcune situazioni enigmatiche. Il mio gruppo è invece stato il primo al mondo ad usare a vasto raggio i dati InSAR, ma per adesso ci siamo limitati all’area italiana (Farolfi, Piombino e Catani, 2019).
La componente trascorrente evidenziata dalla “beach ball” di USGS è interessante: infatti recentemente è stato visto come la fascia a nord Creta sia soggetta a una deformazione laterale molto importante (Tsampouraki-Kraounaki e Sakellariou, 2017).

A SUD E A EST DI CRETA: UNA ZONA COMPLESSA E DALLA STORIA ANCORA NON DEL TUTTO CHIARITA. Il Mediterraneo orientale è un luogo geologicamente molto significativo perché tra Gibilterra e l'Himalaya rappresenta l’ultimo resto della Tetide, l’oceano che si è formato tra Permiano e Giurassico tra l’Eurasia e America del nord da un lato, America del sud, Africa, Arabia e India dall’altro (probabilmente anche insieme all’Iberia e qualche altra area minore). Ho raccontato come tutta questa storia incominciò, nel Permiano quando si formarono alcuni dei graniti più significativi dell'Europa mediterranea dalle Alpi alla Sardegna all'Iberia e al Nordafrica e come da questi primi atti come si è aperto l'oceano tetideo. Il bacino del Levante ha due caratteristiche peculiari: una serie sedimentaria estremamente spessa che si è formata su una crosta oceanica  molto antica. Questa dovrebbe essere la prima crosta oceanica ad essersi formata a causa del processo di fratturazione della Pangea, iniziato giusto da queste parti quando ancora il processo di aggregazione del supercontinente non si era concluso in altre aree, come per esempio gli Urali: alcuni blocchi che ora compongono l’Asia di SE tra Anatolia, Iran e Afghanistan infatti sono i resti di piccoli microcontinenti staccatisi precocemente da quella che era destinata a diventare il blocco afro – arabico, e che si sono scontrati con parti dell’appena agglomerata Asia come il blocco del Kazhakstan nel Triassico (con qualche strascico successivo e che in seguito hanno continuato a mostrare una certa propensione alla deformazione (Mattei et al, 2014), tantochè oggi le vecchie linee lungo le quali questi microcontinenti si sono agglomerati fra loro continuano a muoversi a causa della spinta che produce più a est l’Arabia, a centinaia di km dall’attuale zona focale di convergenza, che è il prolungamento in Turchia orientale ed in Iran (gli Zagros) della collisione che ha provocato la crisi sismica di oggi (ne ho parlato qui). È curioso notare che il blocco arabico adesso esercita una spinta proprio su quelle aree che si erano staccate da esso alla fine dell’era paleozoica!

La spessa coltre sedimentaria del bacino di Levante impedisce uno studio diretto della crosta sottostante, per cui è difficile capirne l’epoca di formazione; in letteratura è in genere supposta tra la fine dell’era paleozoica e l’inizo dell’era mesozoica. Addirittura secondo Granot (2016) la sua formazione sarebbe avvenuta nel Carbonifero, 340 milioni di anni fa.


Carafa et al  (2015), Neotectonics and long-term seismicity in Europe and the Mediterranean region, J. Geophys. Res. Solid Earth, 120, 5311–5342, doi:10.1002/2014JB011751 

Farolfi, Piombino e Catani (2019) Fusion of GNSS and Satellite Radar Interferometry: Determination of 3D Fine-Scale Map of Present-Day Surface Displacements in Italy as Expressions of Geodynamic Processes Remote Sens. 2019, 11, 394; doi:10.3390/rs11040394

Granot (2016) Palaeozoic oceanic crust preserved beneath the 
eastern Mediterranean Nature Geoscience vol 9 / 2016 

Mattei et al (2014) Post-Cimmerian (Jurassic–Cenozoic) paleogeography and vertical axis tectonic rotations of Central Iran and the Alborz Mountains Journal of Asian Earth Sciences 102,  92–101 

Show et al (2009) Eastern Mediterranean tectonics and tsunami hazard inferred from the
AD 365 earthquake Nature Geoscience VOL1 APRIL2008 

Tsampouraki-Kraounaki e, Sakellariou 2017 Strike-slip deformation behind the Hellenic subduction: The Amorgos Shear Zone, South Aegean Sea 8th International INQUA Meeting on Paleoseismology, Active Tectonics and Archeoseismology (PATA), 13 – 16 November, 2017, New Zealand

Zeman et al (2010) deformation between african and eurasian plate estimated from the european and the egyptian gps geodetic networks results from preliminary processing Acta Geodyn. Geomater., 7/1, 129–137 



2 commenti:

gKely ha detto...

Interessantissimo ! Grazie !

Unknown ha detto...

complimenti, bell'articolo