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il caldo del 2024 è stato superiore alle attese: la probabile influenza della diminuzione delle nubi basse


È per me un onore moderare il 9 aprile a Firenze, alla biblioteca delle Oblate (ore 21) e anche  in diretta streaming (link in fondo al post), la presentazione del libro di Giulio Betti, meteorologo del LAMMA “ha sempre fatto caldo”. Non scrivo la recensone del libro, a cui ha già provveduto l’amico Giacomo Milazzo (la trovate qui). Però per presentare la conferenza introduco un problema su cui i climatologi stanno discutendo in questi mesi e cioè che la combinazione di aumento di CO2, El Niño e ciclo solare intenso non bastano a spiegare il deciso aumento delle temperature degli ultimi 2 anni e quindi sono in corso delle valutazioni in merito (e purtroppo come al solito il riscaldamento è superiore a quello dei modelli). Un editoriale su Nature Geosciences di marzo propone come causa del problema la diminuzione delle nubi basse, a causa della quale arriva sulla superficie una maggior percentuale di radiazione solare. Sono in corso le ricerche sul motivo di questa diminuzione, anche perché è neessario capirlo per adeguare le modellazioni climatiche. 
EL NIÑO E IL CALDO DEGLI ULTIMI 2 ANNI. Nonostante la drammatica ondata di freddo che ha colpito gli Stati Uniti, dove ovviamente i climascettici hanno gridato a forza che il riscaldamento globale è una bufala, a gennaio 2025 la temperatura media globale della superficie ha raggiunto 1,75 °C in più rispetto al clima preindustriale, stracciando il record precedente ed estendendo ulteriormente il periodo di calore eccezionale iniziato nel 2023, che ha visto battuti quasi dappertutto i record mensili della media delle temperature (Copernicus, 2025). Sicuramente in questo record c’è lo zampino della ENSO, meglio nota come El Niño Southern Oscillation. La ENSO rappresenta sicuramente una delle principali fonti di variabilità climatica naturale quindi – tanto per rinfrescare le idee – descrivo le 3 fasi in cui consiste:
1. EL NIÑO: un riscaldamento della superficie oceanica dell'Oceano Pacifico tropicale centrale e orientale: • le temperature superficiali del mare diventano superiori alla media • i venti a bassa quota, che normalmente soffiano da est a ovest lungo l'equatore (i venti orientali) si indeboliscono o, addirittura iniziano a soffiare nella direzione opposta (da ovest a est o "venti occidentali") • tendenza alla diminuzione delle precipitazioni in Indonesia
2. LA NIÑA: la superficie oceanica dell'Oceano Pacifico tropicale centrale e orientale si raffredda: • nell'Oceano Pacifico tropicale centrale e orientale le temperature superficiali del mare diventano inferiori alla media, • i classici venti orientali lungo l'equatore diventano ancora più forti. • in Indonesia piove più del normale, mentre sull'Oceano Pacifico tropicale centrale piove meno del normale
3. FASE NEUTRALE (non siamo né in El Niño né nella Niña, è lo stadio – diciamo così – normale): nell'Oceano Pacifico tropicale centrale e orientale le temperature superficiali del mare sono generalmente vicine alla media, come le piogge. Questo anche se talvolta l'oceano può sembrare in stato di El Niño o La Niña, ma l'atmosfera non lo è (o viceversa).
Comunque gli effetti della ENSO si fanno sentire a livello globale esi registrano in genere temperature globali maggiori durante la fase di El Niño, che invece diventano minori durante la Niña. Variano anche un po' in giro anche i regimi delle precipitazioni.

2023-2024: NON SOLO EL NIÑO.
Bene: l'impennata di temperatura nel 2023 era in parte prevista a causa del sommarsi della componente del cambiamento climatico antropico con quella apportata da El Niño. Il problema è che l'entità del salto è stata sorprendente, perché molti climatologi si aspettavano un calo delle temperature nella seconda metà del 2024, alla conclusione della fase di El Niño della ENSO. Questo non è successo e difatti anche a Gennaio 2025 abbiamo raggiunto un nuovo e non previsto record (come purtroppo succede di frequente, le previsioni sulle temperature si rivelano ottimistiche rispetto alla realtà). Insomma, la combinazione fra fase di El Niño della ENSO (sia pure particolarmente forte) e l'aumento continuo del tenore atmosferico dei gas serra può spiegare solo una parte del recente picco di temperature. Ovviamente come fa notare un editoriale su Nature Geoscience di marzo (redazione Nature Geosciences, 2025) la cosa ha sollevato pesanti interrogativi sul tasso di cambiamento climatico in corso. In particolare la domanda è se all’aumento dei gas serra si sia affiancata una variante naturale o si tratti soltanto di un'accelerazione del riscaldamento antropogenico. Di sicuro l’atmosfera è un sistema molto complesso in cui non sono solo i gas-serra a controllare le temperature, anche se in questo momento il rilascio di CO2 antropico è sicuramente il maggiore driver del loro aumento.
Vediamo quindi alcuni fattori che potenzialmente hanno portato a questo anomalo perdurare di temperature record: • innanzitutto le azioni antropiche che influenzano il clima in molti modi diversi dal rilascio di anidride carbonica, ad esempio attraverso l'emissione di forzanti climatici di breve durata come gli aerosol. 
Per quanto riguarda le cause naturali ne sono state individuate diverse: una potrebbe essere la nota eruzione dell’Hunga Tonga-Hunga Ha'apai, la quale nel 2022 ha lanciato circa 150 milioni di tonnellate di vapore acqueo nella stratosfera. Dato che anche il vapore d’acqua è un gas – serra, tale quantitativo potrebbe aver contribuito al calore del 2023. Tuttavia, alcuni studi suggeriscono che l'eruzione abbia avuto un effetto di raffreddamento netto dovuto al rilascio di biossido di zolfo, che formando aerosol nella stratosfera bloccano parte della radiazione solare (Millán et al, 2022), come succede normalmente: è noto come le esplosioni vulcaniche in area equatoriale provochino un raffreddamento negli anni successivi (ne ho parlato qui) e quella del 2022 non ha quindi fatto eccezione. il recente aumento dell'attività solare mentre ci avviciniamo al massimo solare quest'anno potrebbe anche aver contribuito in piccola parte al riscaldamento. 
Ovviamente dobbiamo registrare l’aria tronfia dei climascettici, prontissimi ad abbracciare la tesi “Hunga Tonka + attività solare” escludendo ovviamente il CO2. Ma come al solito la inconsistenza delle loro idee viene confermata dai dati. In realtà il contributo di queste cause è stato negativo nel primo caso, mentre appunto una piccola componente dovuta al ciclo solare ci può stare.  Quindi sembra ancora mancare una fonte di calore. E la risposta potrebbe trovarsi nelle nuvole. 

le nubi come tracce celle navi IL PROBLEMA DELLE NUBI BASSE. Qui entra in gioco l’albedo, una grandezza estremamente importante nel bilancio termico dell’atmosfera e cioè la frazione di radiazione solare che viene riflessa da una superficie e quindi la capacità di NON trasformare la radiazione in calore; ad esempio una automobile bianca al sole si riscalda meno di una nera perché respinge più radiazione (o ne assorbe meno) di una scura. Nel 2023 le nubi basse nelle latitudini medie settentrionali e nei tropici si sono ridotte. Siccome le nubi riflettono la luce solare in arrivo, maggiore è la loro estensione, maggiore è l’energia solare che riflettono e che quindi non arriva in superficie. La loro diminuzione ha comportato quindi una minore riflessione della radiazione solare in arrivo e, di conseguenza, temperature superficiali più calde. Questo effetto di riscaldamento è potenzialmente sufficiente a colmare il divario e spiegare le alte temperature del 2023 (Goessling et al, 2025). 
Dopo aver trovato l’agente protagonista di questa componente che si è innestata accanto alle emissioni di gas-serra e alla fase di El Niño della ENSO, il perché di questo calo della copertura nuvolosa non è ancora chiaro. Ci sono 3 alternative:
1. VARIABILITÀ NATURALE: i cambiamenti nelle nubi basse sono semplicemente dovuti alla variabilità naturale, e quindi prima o poi (auspicabilmente prima) riaumenteranno e il loro contributo al riscaldamento globale tornerà ad essere negativo. Lo farà?
2. MENO EMISSIONI DALLE NAVI: . la riduzione delle nubi potrebbe essere collegata alle nuove normative internazionali sul carburante per le spedizioni implementate nel 2020, volte a ridurre le emissioni di zolfo. Queste emissioni possono aumentare la luminosità delle nubi basse marine agendo come nuclei di condensazione delle nubi, con conseguente formazione di lunghe nubi altamente riflettenti note come "tracce delle navi" (nella foto). Le nuove normative avrebbero quindi portato a una riduzione di queste tracce e quindi di nubi basse, anche se non proprio naturali (Gettelman et al, 2024). Se è così, allora paradossalmente l’uso di carburanti “ambientalmente migliori” potrebbero aver provocato degli effetti indesiderati
3. DIMINUZIONE A CAUSA DELL'INNALZAMENTO DELLA TEMPERATURA: se la seconda pare brutta, la terza è ancora peggiore: la copertura nuvolosa bassa diminuisce con l'aumento della temperatura. Quindi più la superficie terrestre si scalda, meno nubi basse si formano, contribuendo ulteriormente al riscaldamento.
Di fatto il modo in cui le nubi rispondono al riscaldamento rimane una delle maggiori incertezze nella comprensione della risposta climatica alle emissioni di anidride carbonica e un forte feedback da parte delle nubi basse potrebbe portare a un riscaldamento futuro maggiore di quanto attualmente previsto. Delle tre cause in questo momento sembrerebbe più realistica la seconda. Quanto meglio comprendiamo come i fattori umani e naturali si combinano per produrre variabilità climatica a breve termine, tanto più solidamente possiamo limitare la risposta a lungo termine all'anidride carbonica. Da questo si capisce che fino a quando il “peso” della componente “nubi basse” non sarà chiarito (tantomeno le cause della loro variazione) le modellazioni potranno contenere importanti errori e quindi è assolutamente necessario comprendere la complessa interazione tra il riscaldamento causato dai gas serra e la variabilità climatica a breve termine.
La diretta streaming della presentazione del libro sarà visibile a questo indirizzo: https://www.caffescienza.it/programma-2024-2025/ha-sempre-fatto-caldo
BIBLIOGRAFIA
COPERNICUS (2025) January 2025 was the warmest on record globally, despite an emerging La Niña. Copernicus  https://climate.copernicus.eu/copernicus-january-2025-was-warmest-record-globally-despite-emerging-la-nina
Gettelman et al. (2024). Has reducing ship emissions brought forward global warming? Geophysical Research Letters, 51, e2024GL109077 
Goessling et al (2025). Recent global temperature surge intensified by record-low planetary albedo. Science387,68–73 
Millán et al (2022). The Hunga Tonga-Hunga Ha'apai Hydration of the Stratosphere. Geophysical Research Letters, 49, e2022GL099381. 
Redazione Nature Geoscience (2025) Rising temperatures. Nat.Geosc. 18/3, 199
Schmidt (2024). Why 2023’s heat anomaly is worrying scientists. Nature 627,467  

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